Vincenzo " Lancia "
Vincenzo Lancia nasce il 24 agosto 1881 a Fobello, in Val Sesia. Il padre, il cavalier Giuseppe Lancia, ha fatto fortuna con l'industria dei cibi conservati. Grazie alle condizioni agiate, la famiglia trascorre l'estate nella villetta di Fobello e il resto dell'anno a Torino, nello stabile di proprietà in corso Vittorio Emanuele. Il cavalier Lancia ha pensato a un avvenire per ciascuno dei quattro figli: Giovanni, Arturo, Maria e Vincenzo, chiamato affettuosamente Censin. Quest'ultimo sarà avvocato. A scuola, però, Censin è un disastro. Sveglio lo è, anche troppo forse, ma non si applica. È distratto, svogliato. A malincuore, il padre deve rinuciare all'idea di farne un avvocato. Così a dodici anni lo spedisce in collegio, con l'intento di fargli prendere almeno il diploma di ragioniere.
A distrarre il ragazzo dallo studio è l'officina che i fratelli Ceirano hanno aperto nel cortile della casa paterna. Vi costruiscono biciclette che vendono con il marchio Welleyes perché i nomi inglesi hanno più presa sul pubblico. Censin frequenta il locale dei Ceirano e in breve diventa un meccanico provetto.
A distrarre il ragazzo dallo studio è l'officina che i fratelli Ceirano hanno aperto nel cortile della casa paterna. Vi costruiscono biciclette che vendono con il marchio Welleyes perché i nomi inglesi hanno più presa sul pubblico. Censin frequenta il locale dei Ceirano e in breve diventa un meccanico provetto.
Quando poi i due fratelli iniziano a lavorare sulle prime automobili, il ragazzo è affascinato dai motori. Scappato dal collegio, Vincenzo riesce a strappare al padre il permesso di lavorare dai Ceirano. Viene assunto con la qualifica di contabile (pare l'abbia preteso il cavalier Lancia, ritenendola meno disdicevole di meccanico), ma anzichè di contabilità, si occupa dei motori da riparare.
Nel 1899, trovati alcuni finanziatori, i fratelli Ceirano iniziano a produrre una vetturetta progettata dall'ingegner Aristide Faccioli. L'automobile Welleyes ha un buon successo, ma i Ceirano non possono far fronte alle ordinazioni. A luglio accettano l'offerta di Giovanni Agnelli e cedono per 30 mila lire tutti gli impianti e i brevetti della Welleyes, da cui sarebbe derivata di lì a poco la Fiat 3,5 HP. Lancia, che ha 18 anni, e il coetaneo Felice Nazzaro, da poco entrato in azienda, vengono assunti in Fiat come collaudatori.
Nel 1899, trovati alcuni finanziatori, i fratelli Ceirano iniziano a produrre una vetturetta progettata dall'ingegner Aristide Faccioli. L'automobile Welleyes ha un buon successo, ma i Ceirano non possono far fronte alle ordinazioni. A luglio accettano l'offerta di Giovanni Agnelli e cedono per 30 mila lire tutti gli impianti e i brevetti della Welleyes, da cui sarebbe derivata di lì a poco la Fiat 3,5 HP. Lancia, che ha 18 anni, e il coetaneo Felice Nazzaro, da poco entrato in azienda, vengono assunti in Fiat come collaudatori.
Nei primi anni di vita, la Fiat partecipa intensamente alle competizioni. Al volante dei bolidi, Lancia e Nazzaro. Quest'ultimo è uno "stilista" del volante. Lancia, invece, ha una guida impetuosa. È anche più veloce, quando non incappa in qualche disavventura meccanica. Meticoloso ed esigente sul lavoro, fuori diventa allegro e gioviale. Grande e robusto fin da bambino, da adulto Lancia è un omone con la passione per la buona tavola, le bevute con gli amici e per l'opera. Buon conoscitore della musica, ama in particolare Wagner.
Nel 1906, come abbiamo visto, diventa costruttore e con l'amico Claudio Fogolin fonda la Lancia. Nel 1922, quando è già un industriale di successo, sposa la segretaria Adele Miglietti. Avrà tre figli: Anna Maria, Gianni ed Eleonora. Continua a seguire in prima persona lo sviluppo dei nuovi modelli, spesso partecipando direttamente ai collaudi.
Nel 1906, come abbiamo visto, diventa costruttore e con l'amico Claudio Fogolin fonda la Lancia. Nel 1922, quando è già un industriale di successo, sposa la segretaria Adele Miglietti. Avrà tre figli: Anna Maria, Gianni ed Eleonora. Continua a seguire in prima persona lo sviluppo dei nuovi modelli, spesso partecipando direttamente ai collaudi.
La morte arriva prematura il 15 febbraio 1937 a neppure 56 anni. Durante la notte è vittima di un attacco di cuore. Spera si tratti di un malessere passeggero e non vuole svegliare la moglie. Solo alle sette del mattino fa chiamare il medico di famiglia, che si precipita. Ormai, però, non c'è più nulla da fare.
Muore, inaspettatamente, uno degli uomini ai quali dobbiamo alcune delle pagine più importanti della storia dell'automobile. Intuizione, originalità e coraggio sono i tratti distintitivi che contraddistinguono il suo lavoro di costruttore. Non a caso il suo testamento spirituale è ancora un'automobile: l' Aprilia. Il modello, che sembra assommare le tradizioni dell'azienda e le virtù dell'uomo viene accolta dapprima con scetticismo, con stupore. Troppo audace la linea, troppo innovativa la tecnica. Bisogna aspettare qualche tempo perché questa Lancia scattante, stabilissima e di stile incredibilmente moderno diventi la regina della strada apprezzata da tutti. Solo la genialità di Vincenzo Lancia aveva già visto tutto ciò Prima.Signorili, eleganti, mai eccessive.
Questi i caratteri che gli automobilisti hanno sempre attribuito alle vetture Lancia. Ma non va dimenticato che poche Case hanno contribuito come Lancia al progresso dell'automobile, proponendo soluzioni tecniche inedite, talvolta controcorrente, spesso semplicemente in anticipo rispetto alle richieste degli automobilisti. Già il primo modello, l'Alpha, stupisce nel 1907 per l'elevata potenza specifica. Nel 1913, la Theta presenta il primo impianto elettrico integrato nella vettura.Muore, inaspettatamente, uno degli uomini ai quali dobbiamo alcune delle pagine più importanti della storia dell'automobile. Intuizione, originalità e coraggio sono i tratti distintitivi che contraddistinguono il suo lavoro di costruttore. Non a caso il suo testamento spirituale è ancora un'automobile: l' Aprilia. Il modello, che sembra assommare le tradizioni dell'azienda e le virtù dell'uomo viene accolta dapprima con scetticismo, con stupore. Troppo audace la linea, troppo innovativa la tecnica. Bisogna aspettare qualche tempo perché questa Lancia scattante, stabilissima e di stile incredibilmente moderno diventi la regina della strada apprezzata da tutti. Solo la genialità di Vincenzo Lancia aveva già visto tutto ciò Prima.Signorili, eleganti, mai eccessive.
Siamo nel 1918 e due "attestati di privativa industriale" coprono con il brevetto un prototipo di motore a otto cilindri disposti su due file a 45 gradi e un altro di un propulsore a 12 cilindri, sempre a V, di 30 gradi. Quest'ultimo, presentato con il suo autotelaio ai Saloni di Londra e di Parigi del 1919 è un gruppo impressionante, con basamento fuso in un solo blocco e albero a gomiti con 12 manovelle, sei delle quali (il gruppo destro) angolate di 40 gradi rispetto alle altre. L'accoglienza è entusiastica. Non verrà mai prodotto in serie per ragioni fiscali e di mercato.
Poi c'è la Lambda, il modello più rivoluzionario. Nel 1922 anticipa due svolte tecniche fondamentali nell'evoluzione dell'automobile: la scocca portante e le sospensioni anteriori a ruote indipendenti.Pionieri dell'attenzione al comfort, i tecnici Lancia brevettano nel 1931, per l'Astura, un sistema di montaggio elastico del motore che può oscillare liberamente e quindi non trasmette vibrazioni al telaio e alla carrozzeria. Nel 1933 arriva l'Augusta, prima berlina al mondo (quindi prima vettura a guida interna) con carrozzeria monoscocca. Porta tante altre innovazioni importanti nella storia della tecnica automobilistica: dalle sospensioni anteriori indipendenti con molloni elicoidali racchiusi in foderi verticali (un altro brevetto Lancia) alla sospensione posteriore con balestre fulcrate su "silentbloc" davanti e su "biscottini" con perni a rulli dietro; dalla ruota libera comandabile dal posto di guida all'albero di trasmissione con giunti a dischi flessibili anziché a cardano, ai freni a comando idraulico che Lancia è tra le prime fabbriche europee ad adottare.
Negli anni Trenta, con la produzione dell'Augusta, dell'Artena e dell'Astura s, viene anche inaugurato il sistema di apertura delle porte "a libro" (senza montante centrale), che permette ai passeggeri di salire in auto con grande comodità.
L'Aprilia (1937) introduce la ricerca aerodinamica e le sospensioni indipendenti sulle quattro ruote. L'Ardea, dalla terza serie ha il cambio a cinque rapporti, l'impianto elettrico a 12 Volt e gli ammortizzatori Houdaille. L'Aurelia , nel 1950, è la prima auto con motore 6 cilindri a V di 60 e con il cambio sull'asse posteriore in blocco con il differenziale.
L'Aprilia (1937) introduce la ricerca aerodinamica e le sospensioni indipendenti sulle quattro ruote. L'Ardea, dalla terza serie ha il cambio a cinque rapporti, l'impianto elettrico a 12 Volt e gli ammortizzatori Houdaille. L'Aurelia , nel 1950, è la prima auto con motore 6 cilindri a V di 60 e con il cambio sull'asse posteriore in blocco con il differenziale.
Ed ecco gli anni dell'impegno in F1. Nasce la D 50 ed è una monoposto con soluzioni inedite per i tempi. Ha il gruppo cambio-propulsore sospeso e sistemato trasversalmente dietro l'asse posteriore. Monta una frizione a doppio disco preceduta da un rinvio conico a più rapporti, facile da sosituire. Adotta un cambio di velocità a 5 rapporti, quattro dei quali sempre in presa con innesto laterale del tipo "a dente perso" per facilitare il passaggio delle marce. Anche il rinvio finale con ingranaggi cilindrici è a più rapporti.
Dieci anni dopo, con la Flavia, la Lancia torna ad essere all'avanguardia con la trazione anteriore, i freni a disco e l'iniezione della benzina. Poi è la volta della Fulvia, il cui motore superquadro (72x67 mm) adotta un'inedita e personalissima distribuzione con due alberi a camme in testa.
Siamo ormai agli anni Settanta e la storia dei primati tecnologici Lancia continua: con la Stratos, la cui carrozzeria è realizzata in lega leggera e vetroresina, con la Beta Montecarlo Turbo turbo che è dotata di motore centrale, iniezione elettronica e turbocompressore.
Nel 1982 la Trevi propone l'iniezione elettronica Jetronic e, per la prima volta su una vettura di serie, il compressore volumetrico di sovralimentazione, che prende il nome di Volumex. Innovativa è la Lancia Rally 037 con i suoi 4 cilindri, 16 valvole, sovralimentati con volumex e la carrozzeria in vetroresina. All'avanguardia è la Thema, grazie all'ABS, al turbocompressore con over-boost e intercooler, agli alberi controrotanti di equilibratura e alle sospensioni a smorzamento controllato.
Dieci anni dopo, con la Flavia, la Lancia torna ad essere all'avanguardia con la trazione anteriore, i freni a disco e l'iniezione della benzina. Poi è la volta della Fulvia, il cui motore superquadro (72x67 mm) adotta un'inedita e personalissima distribuzione con due alberi a camme in testa.
Siamo ormai agli anni Settanta e la storia dei primati tecnologici Lancia continua: con la Stratos, la cui carrozzeria è realizzata in lega leggera e vetroresina, con la Beta Montecarlo Turbo turbo che è dotata di motore centrale, iniezione elettronica e turbocompressore.
Nel 1982 la Trevi propone l'iniezione elettronica Jetronic e, per la prima volta su una vettura di serie, il compressore volumetrico di sovralimentazione, che prende il nome di Volumex. Innovativa è la Lancia Rally 037 con i suoi 4 cilindri, 16 valvole, sovralimentati con volumex e la carrozzeria in vetroresina. All'avanguardia è la Thema, grazie all'ABS, al turbocompressore con over-boost e intercooler, agli alberi controrotanti di equilibratura e alle sospensioni a smorzamento controllato.
Nel 1985 fa il suo esordio la Delta S4, per la quale Lancia fa largo uso di materiali compositi e che dispone di trazione integrale e di doppia sovralimentazione: turbo e volumex. La Y10 è la prima vettura che adotta il piccolo e innovativo motore Fire, mentre sulla Thema 8.32 fa la sua comparsa (ed è la seconda volta in casa Lancia) un motore Ferrari, 8 cilindri 32 valvole, e l'idroguida a controllo elettronico Servotronic. Nel 1986 debutta la Delta HF 4WD che è un concentrato di tecnica avanzata: trazione integrale, differenziale centrale con giunto viscoso Ferguson e differenziale posteriore Torsen. Nello stesso anno compare anche la Y10 4WD dotata di trazione integrale inseribile con servocomando a ruote libere.
L'evoluzione continua anche negli anni più recenti. Basti pensare alla Delta HF Integrale 16V che nel 1989, presenta l'ABS a 6 sensori e un sistema di trazione a tre differenziali: uno anteriore libero, uno centrale con ripartitore di coppia epicicliodale e giunto viscoso Ferguson, uno Torsen posteriore. Oppure alla Y10 Selectronic (1989) dotata di cambio a variazione continua con frizione elettromagnetica, o alla Dedra HF Turbo (1990), equipaggiata con "viscodrive" e turbompressore completo di boost-drive.
L'evoluzione continua anche negli anni più recenti. Basti pensare alla Delta HF Integrale 16V che nel 1989, presenta l'ABS a 6 sensori e un sistema di trazione a tre differenziali: uno anteriore libero, uno centrale con ripartitore di coppia epicicliodale e giunto viscoso Ferguson, uno Torsen posteriore. Oppure alla Y10 Selectronic (1989) dotata di cambio a variazione continua con frizione elettromagnetica, o alla Dedra HF Turbo (1990), equipaggiata con "viscodrive" e turbompressore completo di boost-drive.
La Lancia k (1994) adotta una nuova famiglia di motori a 5 cilindri in linea (due a benzina e uno turbodiesel) che si segnalano per particolari doti di elasticità e silenziosità di funzionamento. La Lancia Y, presentata nel '95, è la prima vettura di grande serie disponibile in oltre cento tinte di carrozzeria: risultato reso possibile anche da alcuni fattori di eccellenza industriale. La Lancia k SW (1996) offre di serie il sistema idropneumatico autolivellante Nivomat, per la prima volta abbinato a sospensioni del tipo Mc Pherson.
L'elenco potrebbe continuare con tanti altri esempi, ma i primati tecnologici citati bastano a dimostrare la capacità di innovare che Lancia ha saputo mantenere lungo tutti i suoi novant'anni di storia. Risultati scaturiti non dal gusto per la tecnica d'avanguardia fine a sé stessa, ma dalla volontà di offrire ai clienti un sempre maggiore comfort di marcia, miglioramenti continui della tenuta di strada e della sicurezza attiva, prestazioni di volta in volta più soddisfacenti.
L'elenco potrebbe continuare con tanti altri esempi, ma i primati tecnologici citati bastano a dimostrare la capacità di innovare che Lancia ha saputo mantenere lungo tutti i suoi novant'anni di storia. Risultati scaturiti non dal gusto per la tecnica d'avanguardia fine a sé stessa, ma dalla volontà di offrire ai clienti un sempre maggiore comfort di marcia, miglioramenti continui della tenuta di strada e della sicurezza attiva, prestazioni di volta in volta più soddisfacenti.
ALFA ROMEO
Alle origini della storia dell'Alfa Romeo ritroviamo la "Societa Italiana Automobili Darracq" fondata a Roma nel 1906 per la produzione di automobili a basso costo, ma sia l'inizio che lo sviluppo di tale azienda incontrarono subito moltissime difficolta poiche il mercato automobilistico, che aveva conosciuto una forte crescita fin dai suoi esordi agli inizi del '900, ora subiva una sorta di assestamento con un calo della vendita di autovetture. Gli stabilimenti, che erano stati eretti a Milano nell'area denominata il Portello, passarono dapprima in mano a un gruppo italiano, formato per lo piu da appassionati automobilisti, con la denominazione "Alfa Anonima Lombarda Fabbrica Automobili", per poi passare nel 1915, dopo essere stata messa in liquidazione, nelle mani dell'Ing. Nicola Romeo e quindi alla sua azienda l' "Accomandita Ing. Nicola Romeo e Co."
Nicola Romeo nacque a S.Antimo, in provincia di Napoli, nel 1876 e si laureo in ingegneria nel 1900 facendo poi alcune esperienze all'estero, fino a che nel 1911 fondo la Societa in accomandita semplice "Ing. Nicola Romeo e Co." che fabbricava macchinari e materiali per l'industria mineraria.
Fu questa societa che gli permise nel 1915 di rilevare gli stabilimenti del Portello e di dedicarsi alla produzione di materiali di tipo bellico;ormai era iniziata la Prima Guerra Mondiale e la richiesta da parte dello Stato di autocarri e motori si faceva sempre piu pressante.
Finita la guerra nel 1918 fu cambiato il nome della societa in "Societa Anonima Ing. Nicola Romeo e Co." e, nel contempo, vennero assorbite: le Officine Meccaniche di Saronno, le Officine Meccaniche Tabanelli di Roma e le Officine Ferroviarie Meridionali di Napoli. La nuova societa, rogata con atto costitutivo dal notaio Federico Guasti di Milano, il 3 febbraio 1918, aveva per oggetto "l'impianto e l'esercizio di industrie meccaniche, siderurgiche, agricole, minerarie, chimiche ed estrattive in genere, piu specialmente... per l'esercito, l'aviazione, la marina e l'agricoltura... motori a scoppio per qualsiasi applicazione; aerei automobili, locomotive e altri rotabili in genere".
Finita la guerra nel 1918 fu cambiato il nome della societa in "Societa Anonima Ing. Nicola Romeo e Co." e, nel contempo, vennero assorbite: le Officine Meccaniche di Saronno, le Officine Meccaniche Tabanelli di Roma e le Officine Ferroviarie Meridionali di Napoli. La nuova societa, rogata con atto costitutivo dal notaio Federico Guasti di Milano, il 3 febbraio 1918, aveva per oggetto "l'impianto e l'esercizio di industrie meccaniche, siderurgiche, agricole, minerarie, chimiche ed estrattive in genere, piu specialmente... per l'esercito, l'aviazione, la marina e l'agricoltura... motori a scoppio per qualsiasi applicazione; aerei automobili, locomotive e altri rotabili in genere".
Come si puo leggere nell'Atto Costitutivo per Nicola Romeo la produzione dell'azienda non doveva comprendere solo le automobili, ma doveva coprire anche le altre aree, anche se poi fini con il diventare famosa proprio grazie alla produzione delle autovetture. D'altra parte non aveva neanche trascurato di circondarsi di tecnici capaci come Giuseppe Merosi, Vittorio Jano ed altri ancora.
Come tutte le altre aziende che avevano dedicato il periodo della guerra alla produzione aeronautica o di mezzi pesanti, anche la neonata societa si trovo ad affrontare non solo il problema della riconversione, ma anche tutti i problemi legati alla recessione economica e alla fine del periodo bellico.
Riusci comunque a risolvere i propri problemi grazie all'aiuto del "Consorzio sovvenzioni sui valori industriali" e abbandonando sempre piu le produzioni aeronautiche per specializzarsi in autovetture, alcune delle quali conseguirono grandi successi sportivi.
Negli anni '20 l'azienda fu coinvolta in un'altra crisi, questa volta pero legata alla Banca Italiana di Sconto che deteneva la maggior parte delle azioni, tanto che nel 1927 si penso addirittura di metterla in liquidazione. Ma ormai l'Alfa Romeo aveva acquistato rinomanza sia in Italia che all'estero, intessendo rapporti commerciali con vari paesi quali l'America, la Spagna, l'Inghilterra e altri ancora; questo impedi la chiusura di una societa cosi famosa nel mondo e che non aveva perso tutte le speranza di salvarsi, ma che sicuramente con una ristrutturazione avrebbe potuto risollevarsi.
Nicola Romeo, Presidente dal 1918, non accetto i drastici cambiamenti che si volevano attuare, per cui nel 1928 chiuse definitivamente i suoi rapporti con l'Alfa Romeo per contrasti ormai divenuti insanabili. Nel 1933 passo alla gestione IRI e venne decisa una ristrutturazione interna per portare l'azienda ad un graduale miglioramento proponendo la nomina di un Consiglio di Gestione, eletto per meta dai soci possessori di capitali e per meta dai lavoratori, con il compito di varare un nuovo Statuto e portare l'Alfa Romeo a livelli competitivi con le altre case automobilistiche.
La ristrutturazione non avvenne soltanto per opera dell'IRI, ma soprattutto grazie agli interventi del nuovo Direttore Generale Ing. Ugo Gobbato, entrato agli inizi degli anni '30, e che rimase fino alla fine della Seconda Guerra
Mondiale quando venne ucciso in circostanze non ancora chiarite.
Mondiale quando venne ucciso in circostanze non ancora chiarite.
In un verbale del Consiglio d'Amministrazione l'Ing. Gobbato informava il consiglio di non aver avuto il tempo di studiare la situazione dell'azienda in modo dettagliato, ma che da un esame sommario aveva "tratto l'impressione che attraverso una riorganizzazione sia tecnica, sia commerciale, l'azienda possa avviarsi verso un avvenire migliore. Ha gia predisposto che la manodopera esuberante sia adibita ad un reparto speciale a lavori di assestamento e di riparazione di macchine ed attrezzi ed ancora tende a precisare i compiti di ognuno... Infine propone che sin d'ora il Consiglio voglia disporre per l'eliminazione di alcuni dirigenti... le cui funzioni devono essere soppresse".
Quindi eliminazione di alcuni dirigenti, ma non della manodopera, che doveva essere impiegata per altri scopi probabilmente perche in quel periodo si sentiva la necessita di avere piu operai specializzati che dirigenti, infatti la riduzione tocchera anche gli impiegati. Proprio riguardo a questi ultimi si legge che "per eventuali licenziamenti si dovra tenere conto sempre delle capacita tecniche particolari di ognuno, dello stato di famiglia e dell'appartenenza al Partito potendosi preventivamente addivenire ad una revisione di stipendi per adeguare i compensi alle mansioni svolte".
Quindi cambiamenti drastici, licenziamenti, ma non avventatezza nelle scelte del Direttore Generale che comunque cercava di dare delle gratificazioni economiche piu adeguate al lavoro svolto. Attraverso lo studio di Norme generali, Ordini di servizio e comunicati si puo dedurre che nel 1934 l'organizzazione dell'azienda risultava cosi strutturata:
ORGANIZZAZIONE DELL'AZIENDA
Dalla Segreteria dipendeva direttamente la gestione del personale, nel 1938 venne poi anche creato un distinto Comitato del Personale con il compito di definire le mansioni di tutti i dipendenti e la retribuzione, cosi come aveva proposto il Direttore Generale Ugo Gobbato. Inoltre altre mansioni venivano gestite dalla Segreteria Legale e Sindacale, e nel 1942 venne costituito un Centro di preparazione del personale comprendente corsi di specializzazione per ingegneri, periti industriali, apprendisti e operai, per finire nel 1944 a cui vennero affiancate anche attivita relative al dopolavoro.
Le sorti dell'Alfa Romeo cominciavano, quindi, con l'intervento di Ugo Gobbato, a prendere una piega diversa, tanto che l'occupazione al Portello sali a 6000 operai, mentre nel 1938 si comincio a costruire un nuovo stabilimento a Pomigliano d'Arco (Napoli) ed il capitale venne notevolmente aumentato.
Intanto la situazione economica dell'Alfa Romeo registro anche durante il periodo bellico un bilancio positivo, infatti il Direttore Generale riferisce che nel 1942 la produzione complessiva era aumentata del 14% in confronto all'anno precedente e per il 1943 era previsto un ulteriore aumento sia per quello che riguardava lo stabilimento di Milano che quello di Pomigliano.
Ma anche quest'ultimo il 30 Maggio 1943 subi un attacco aereo che provoco la distruzione dello stabilimento e la morte di impiegati che al momento si trovavano sul luogo di lavoro.
Effettivamente un piano di decentramento era gia in atto anche in questa zona infatti, per un accordo con la Regia Aeronautica, un reparto motori si trovava gia a Marigliano, ma gli altri reparti e uffici non erano ancora stati trasferiti perche i lavori nelle grotte di S.Rocco non erano stati terminati in tempo.
Il piano prevedeva che circa 800 operai si sarebbero dovuti trasferire per iniziare la lavorazione della prima linea dell'officina motori, a questo doveva essere aggiunto un reparto produzione ausiliaria, e, cosi proponeva il Consiglio di Amministrazione nella persona di Ugo Gobbato, anche una parte del reparto presse e leghe leggere. Per tutti gli altri reparti o questi erano impossibili da trasportare o erano in corso accordi.
E interessante notare come tra mille disagi si noti comunque una voglia di continuare, di tenersi in vita; nonostante le distruzioni e i trasferimenti l'economia e l'azienda dovevano andare avanti anche se ormai sotto il giogo tedesco non erano piu in grado di prendere delle decisioni autonome.
Infatti nel 1944 l'Alfa Romeo su pressioni delle autorita tedesche dovette unirsi dapprima in un Consorzio con l'Isotta Fraschini, a cui si aggiunsero poi anche le Officine Reggiane formando una societa denominata CARIM per la costruzione di alcune parti del motore Junkers.
Anche questo puo dirsi un decentramento poiche tutti i macchinari erano stati trasferiti nelle grotte di Costozza sotto lo pseudonimo di Officine C, e si occupavano prevalentemente di aviazione ed in particolare della produzione di alberi motore.
Questo Consorzio, voluto e nato quando ormai la guerra volgeva alla fine, fu ben presto abbandonato dalle autorita tedesche che ormai procedevano nella loro ritirata verso il Nord. Presidente fu eletto Ugo Gobbato che ha dovuto sempre lottare, come si vede dai verbali del Consiglio d'Amministrazione, per avere i finanziamenti dalla Germania, che ormai dettava legge sull'economia italiana stabilendo prezzi e stipendi.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, e dopo l'uccisione di Gobbato, le sorti della societa furono affidate a Pasquale Gallo; entrato prima come Commissario straordinario ne divenne poi Presidente, con il compito di "demilitarizzare" gli stabilimenti per essere di nuovo orientati verso la produzione
di automobili e mezzi per il mercato civile. Nel 1946 l'Ing. Gallo informava il
Consiglio d'Amministrazione che la vendita dei veicoli industriali si era mantenuta
a buon livello, ma con una richiesta comunque troppo discontinua per poter
portare l'Alfa Romeo ad un vero miglioramento economico.
di automobili e mezzi per il mercato civile. Nel 1946 l'Ing. Gallo informava il
Consiglio d'Amministrazione che la vendita dei veicoli industriali si era mantenuta
a buon livello, ma con una richiesta comunque troppo discontinua per poter
portare l'Alfa Romeo ad un vero miglioramento economico.
Se alla fine della Seconda Guerra Mondiale il problema maggiore dell'azienda era stato quello di conquistarsi un mercato anche cercando di battere la concorrenza americana che si stava facendo piu forte, ora non era piu soltanto una questione di mercato, ma l'azienda si trovava di fronte anche al fatto di dover ricostruire cio che era andato rovinosamente distrutto negli anni precedenti. Per poter meglio attuare il risanamento si penso anche di scorporare lo stabilimento S.Martino a Pomigliano, che, in quel particolare momento, rappresentava soltanto una fonte di perdite, ma alcuni consiglieri si opposero a questa decisione premendo affinche si potesse convincere l'IRI a trovare una soluzione diversa al problema.
Effettivamente lo stabilimento risultava importante per la produzione di leghe leggere (Duralfa) omologate dall'Aeronautica Militare, e non poteva essere accettato un totale distaccamento da Milano, ma anzi si chiedeva che venisse completata quella costruzione interrotta con l'inizio della guerra. L'azienda dimostrava comunque una grande volonta di riprendersi e di partecipare attivamente alla ricostruzione, per questo non lascio nulla di intentato, la sua produzione si oriento anche verso prodotti non tipici quali saracinesche, infissi, cucine elettriche e, nel contempo, gli operai cercavano anche di ricostruire gli stabilimenti distrutti del Portello, di riportare gli impianti decentrati alla base, riparando quelli danneggiati, cercando insomma di riportare l'Alfa Romeo ad uno stato prebellico.
Gli stabilimenti di Pomigliano restarono comunque aperti, e nel 1967 furono affiancati a quelli per la produzione della vettura Alfasud. Nel 1948 l'azienda passo direttamente sotto la direzione della Finmeccanica (nata poiche l'IRI, dovendo affrontare troppi problemi finanziari ed economici in campi industriali differenti, decise di creare direzioni diverse a seconda delle competenze ) e da quel momento la produzione cambio: non piu autocarri e motori marini, ma auto in serie che avrebbero trovato un buon riscontro di mercato e riportato l'Alfa Romeo a livelli precedenti il secondo conflitto mondiale.
La vera ripresa si ebbe pero solo negli anni '50 quando arrivo ai vertici dell'azienda Giuseppe Luraghi, gia Direttore Generale della Finmeccanica, il quale aveva capito che la motorizzazione era ormai diventata un fenomeno di massa e che quindi anche la produzione doveva adeguarsi producendo vetture di tipo medio e piu commerciabili.
L'Alfa Romeo venne cosi a trovarsi in una situazione economica favorevole tanto che nel 1960 venne cominciata la costruzione di nuovi stabilimenti ad Arese, che entrarono in funzione nel 1963, dato che ormai il solo Portello risultava insufficiente a sostenere i nuovi carichi di lavoro (si passo dalle 6104 unita del 1955 alle 57870 del 1960).
Sempre negli stessi anni si decise la creazione di un nuovo stabilimento a Pomigliano che doveva produrre vetture di fascia inferiore, la cui responsabilita di costruzione e gestione fu affidata all'Ing. Rodolfo Hruska. Questi furono realizzati in accordo con l'IRI e il Cipi vista la continua espansione del mercato automobilistico, e sulla base di alcune considerazioni dettate da obiettivi di sviluppo regionale e di investimento.
Le ragioni che dettarono la riapertura dello stabilimento furono sostanzialmente tre:
- La forte immigrazione che dal sud si spostava verso il nord avrebbe ben presto fatto nascere notevoli problemi di sovraffollamento, per cui risultava improponibile la costruzione di un nuovo stabilimento al nord.
- In quegli anni, fu varata una legge che favoriva l'industrializzazione al sud e che permetteva di usufruire di facilitazioni finanziarie.
- L'Alfa Romeo aveva avuto gia un'esperienza positiva negli anni '40 impiantando uno stabilimento al sud.
L'Alfasud, purtroppo, si trovo subito in serie difficolta finanziarie poiche da una parte non riusciva a rispondere pienamente alle richieste del mercato, mentre dall'altra si trovava a dover affrontare non solo la crisi energetica, ma una piu generale che comprese tutto il mondo dell'industrializzazione negli anni '70.
Si trovo quindi a dover riesaminare tutti i preventivi fatti precedentemente e che ormai non trovavano piu riscontro nella nuova realta economica, in piu doveva risolvere problemi interni causati dagli operai e dalle maestranze derivati dal disaccordo tra quelli arrivati dal nord e i nuovi assunti del sud.
In pratica il problema maggiore fu dato dal fatto che l'Alfasud non fu un'azienda del meridione, ma del nord; prova ne furono gli uffici che furono trasferiti a Napoli solo qualche anno dopo l'apertura dello stabilimento (1971), per cui fino ad allora avevano operato in un ambiente sociale ed economico differente a quello degli stabilimenti.
Nel 1972 Luraghi lasciava l'Alfa Romeo e questa si trovo ad affrontare un lungo periodo di transizione, coincidente con le massicce rivendicazioni sindacali e operaie che caratterizzarono gli anni '70, fino all'arrivo nel 1978 di Ettore Masaccesi il quale attuo una nuova ristrutturazione, la seconda dopo quella
realizzata da Ugo Gobbato negli anni '30, per meglio inserirla nelle nuove congiunture
economiche e di mercato.
realizzata da Ugo Gobbato negli anni '30, per meglio inserirla nelle nuove congiunture
economiche e di mercato.
La ristrutturazione interna prevedeva il risanamento finanziario e il rifacimento degli obiettivi che dovevano essere piu rispondenti alla realta; in pratica un'organizzazione non piu orientata verso la tecnica, ma verso il mercato sviluppando sia le funzioni finanziarie che il Controllo di Gestione e la Direzione Commerciale.
L'Alfa Romeo non riusci piu a seguire il processo di crescita che aveva conosciuto con Luraghi, anche la Joint Venture con la casa automobilistica giapponese Nissan (AR.N.A), per la produzione di una nuova vettura, non dette i risultati sperati e nel 1986 la Finmeccanica la cedette al gruppo FIAT che la concentro insieme con Lancia in un nuovo raggruppamento denominato "Alfa Lancia S.p.A.", divenuto operativo nel 1987. (12,13)
Evoluzione del marchio
Dal 1910 al 1915 Il marchio Alfa Romeo era costituito da due simboli milanesi: il serpente visconteo in campo azzurro e la croce rossa in campo bianco, racchiusi in un piccolo cerchio metallico sul quale si leggeva la scritta ALFA-MILANO. Sui modelli costruiti dal 1910 al 1915, il diametro esterno dello stemma era di 65 mm con le scritte ALFA e MILANO separate da due nodi sabaudi. | |
Dal 1915 al 1925 Quando la fabbrica fu acquistata da Nicola Romeo, sul piccolo cerchio metallico fu scritto: ALFA ROMEO-MILANO. | |
Dal 1925 al 1946 Dopo la vittoria del 1° Campionato Automobilistico del Mondo con la P2, il marchio venne circondato da una corona di alloro in metallo sbalzato. Il diametro del cerchio passт da 65 a 75 mm. Dal 1930 venne ridotto a 60 mm e rimase invariato fino al 1945. | |
Dal 1946 al 1972 Con la caduta della Monarchia e la proclamazione della Repubblica, i nodi sabaudi si trasformarono in due linee ondulate. Il diametro era di 54 mm. Dal 1950 fu realizzato in ottone smaltato conservando lo stesso diametro di 54 mm e dal 1960 venne eseguito in materiale plastico. | |
Dal 1972 ad oggi Con la costruzione dello stabilimento ALFASUD di Pomigliano, scomparve dal marchio la parola MILANO e rimasero i due simboli milanesi sormontati dalla scritta ALFA ROMEO. |
FIAT
L'azienda nacque dalla comune volontà di una decina tra aristocratici, possidenti, imprenditori e professionisti torinesi di impiantare una fabbrica per la produzione di automobili.
L'idea di produrre automobili su scala industriale era venuta agli amici Emanuele Cacherano di Bricherasio e Cesare Goria Gatti (già fondatori dell'ACI Automobile Club d'Italia) che avevano precedentemente costituito e finanziato la "Accomandita Ceirano & C.", finalizzata alla costruzione della "Welleyes", un'automobile progettata dall'ing. Aristide Faccioli e costruita artigianalmente da Giovanni Battista Ceirano.
Visto il successo ottenuto dalla "Welleyes" alla sua presentazione, Bricherasio e Gatti proposero ad un gruppo di conoscenti di acquisire le esperienze, le maestranze e la competenza della "Accomandita Ceirano & C." per trasferirle su scala industriale, come già avveniva nella fabbriche dell'Europa settentrionale.
Oltre ai due promotori, si mostrarono disposti a partecipare il conte Roberto Biscaretti di Ruffia, il marchese Alfonso Ferrero di Ventimiglia, il banchiere e industriale della seta Michele Ceriana-Mayneri, l'avvocatoCarlo Racca, il possidente Lodovico Scarfiotti, l'agente di cambio Luigi Damevino e l'industriale della cera Michele Lanza.
Il gruppo di notabili, dopo vari incontri per fissare le linee dell'accordo tenuti nel caffè di madame Burello e dopo aver ottenuto l'appoggio finanziario del "Banco di Sconto e Sete" di Torino, si riunì a Palazzo Bricherasio per sottoscrivere l'atto di "Costituzione della Società Anonima Fabbrica Italiana di Automobili" redatto dal Cav. Dott. Ernesto Torretta, Notaio Patrimoniale della Real Casa: era l'11 luglio 1899. I soci versarono un capitale di 800.000 lire in 4.000 azioni (circa 10 milioni di euro attuali) ed affidarono la presidenza a Ludovico Scarfiotti.
Occorre aggiungere che, il giorno precedente alla costituzione della società, Michele Lanza decise di ritirarsi, abbandonando il sodalizio. Lanza aveva già realizzato in proprio, nel 1895, una delle prime automobili italiane e, ben conoscendo le difficoltà tecniche a cui si andava incontro, riteneva inopportuno escludere Giovanni Battista Ceirano dalla società, principale esperto meccanico, per mere questioni di rango. Parte della quota azionaria destinata a Lanza venne assunta dal possidente Giovanni Agnelli, coinvolto in extremis dell'amico ed ex commilitone Scarfiotti, mentre la rimanente quota azionaria venne sostenuta dal Banco di Sconto e Sete.
Durante la prima seduta, il consiglio d'amministrazione della neonata FIAT deliberò l'acquisto dell'"Accomandita Ceirano & C.", liquidando Ceirano con la somma di 30.000 lire, per riassumerlo quale agente di vendita.
La prima vettura costruita dalla FIAT fu il modello "3½ HP", copia della "Welleyes" e prodotta in 8 esemplari nel corso del 1899.
La prima vettura costruita dalla FIAT fu il modello "3½ HP", copia della "Welleyes" e prodotta in 8 esemplari nel corso del 1899.
La FIAT iniziò la costruzione del famoso stabilimento produttivo denominato Lingotto nel 1916 e lo fece entrare in funzione nel 1923.
Dopo un primo periodo di difficile sviluppo, segnato da diverse ricapitalizzazioni e da modifiche nella composizione del capitale azionario (non sempre in maniera pacifica ma anche sfociate in processi clamorosi per l'epoca), la proprietà della casa automobilistica viene assunta quasi integralmente da Giovanni Agnelli, che diventeràsenatore durante il Fascismo e resterà a capo dell'azienda sino al termine della seconda guerra mondiale.
Dopo aver rischiato di perdere la proprietà dell'azienda per la propria compromissione con il regime fascista, Agnelli passa il comando a Valletta, essendo l'unico figlio maschio, Edoardo, morto in un incidente aereo. Valletta, uomo di qualità non comuni, si occupò di reggere per conto della famiglia Agnelli una delle poche aziende italiane non completamente inginocchiate dalla disfatta, riuscì a farla rialzare e contemporaneamente fornì l'opportuna preparazione al ruolo che appena possibile avrebbe dovuto assumere il giovane discendente "primo in linea dinastica" (definizione attribuita a Montanelli).
Gianni Agnelli, l'erede, divenne presidente della FIAT nel 1966 e lo rimase fino al compimento del 75º compleanno, quando le norme statutarie lo obbligarono a cedere la presidenza.
La carica viene assunta prima (1996) dall'ex amministratore delegato Cesare Romiti e poi (1998) da un dirigente genovese che per molti anni ha lavorato alla General Electric negli USA, Paolo Fresco.
La crisi del gruppo porta il fratello Umberto alla presidenza (2003); dopo la morte di Umberto è la volta (2004) di Luca Cordero di Montezemolo; l'erede designato dalla famiglia Agnelli, John Elkann, è stato nominato vice presidente all'età di 28 anni e altri membri della famiglia fanno parte del consiglio di amministrazione. L'Amministratore Delegato, Giuseppe Morchio, dimissionario, è stato sostituito da Sergio Marchionne, che lo ha sostituito dal 1 giugno 2004.
La gestione di Gianni Agnelli incrementò notevolmente la vocazione multinazionale e plurisettoriale dell'azienda; una vocazione che affondava le proprie radici nelle realtà industriali create dalla Fiat in tutta Europa, già nel primo ventennio del secolo. La crescita, certo aiutata anche dal cosiddetto "boom economico" degli anni sessanta, fu rilevante sia in campo nazionale che nei mercati esteri.
Le attività e le strategie del gruppo, in origine dirette alla sola produzione industriale di autovetture (e poco dopo anche di veicoli industriali e agricoli), con il passare del tempo ed a causa delle mutate condizioni di mercato e del consolidato assetto di gruppo, sono andate verso una diversificazione in molti altri settori. Il gruppo ha al momento attività in una vasta gamma di settori dell'industria e nei servizi finanziari.
Si tratta del maggiore gruppo aziendale italiano, che vanta inoltre significative attività anche all'estero, dove è presente in 61 nazioni con 1063 aziende che impiegano oltre 223.000 persone, 111.000 delle quali al di fuori dell'Italia.
FERRARI
"La storia del cavallino rampante e semplice e affascinante. Il cavallino era dipinto sulla carlinga del caccia di Francesco Baracca, l'eroico aviatore caduto sul Montello, l'asso degli assi della Prima Guerra Mondiale" .
"Quando vinsi nel '23 il primo circuito del Savio, che si correva a Ravenna, conobbi il conte Enrico Baracca, padre dell'eroe; da quell'incontro nacque il successivo, con la madre, la contessa Paolina. Fu essa a dirmi, un giorno: "Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le portera fortuna". Conservo ancora la fotografia di Baracca, con la dedica dei genitori, in cui mi affidano l'emblema. Il cavallino era ed e rimasto nero; io aggiunsi il fondo giallo canarino che e il colore di Modena". (Enzo Ferrari)
E' nato a Modena il 18 febbraio 1898. Interrotti gli studi alla morte del padre, inizio la sua attivita come istruttore alla scuola tornitori dell'officina dei pompieri di Modena. Alla fine del 1918, dopo l'esperienza militare della guerra, trovo occupazione a Torino in qualita di collaudatore di automobili. Passo poi a Milano alla CMN (Costruzioni meccaniche nazionali) come collaudatore e pilota da corsa.
Esordi in gara nel 1919 alla Parma-Berceto e nello stesso anno partecipo alla Targa Florio. Nel 1920 passo all'Alfa Romeo, iniziando una collaborazione durata vent'anni che lo porto a ricoprire incarichi di collaudatore, pilota, collaboratore commerciale e infine direttore del reparto Alfa-Corse fino al novembre 1939.
Nel 1929 fondo a Modena la "Scuderia Ferrari", societa sportiva con il principio costitutivo di fare correre i soci, che avvio un'intensa attivita agonistica, ebbe una squadra ufficiale e fini per diventare una filiale tecnico-agonistica dell'Alfa Romeo, alla quale si sostitui nel 1933 nella continuazione dell'attivita sportiva. Nel 1940 la Scuderia si distacco dall'Alfa Romeo, trasformandosi in societa "Auto Avio Costruzioni Ferrari" che lavoro per la Compagnia nazionale aeronautica di Roma, la Piaggio e la RIV.
Durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, l'officina Ferrari fu trasferita da Modena a Maranello, dove inizio la produzione di macchine rettificatrici oleodinamiche per cuscinetti a sfere. L'officina fu bombardata nel 1944, ricostruita nel 1946, anno in cui ebbe inizio la progettazione completa e la costruzione della prima vettura "Ferrari". Dal 1960 l'azienda si e trasformata in Societa per Azioni, alla quale si e associata la FIAT nel 1969 in forma paritetica e poi, nel 1988, maggioritaria.
Enzo Ferrari ha costruito nel 1963 a Maranello l'Istituto professionale per l'industria e l'artigianato. Nel 1972 ha realizzato la Pista di Fiorano.
E stato nominato per meriti sportivi Cavaliere nel 1924, Commendatore nel 1927, Cavaliere del Lavoro nel 1952. Ha avuto nel 1960 dall'Universita di Bologna la laurea honoris causa in ingegneria meccanica, nel 1988 dall'Universita di Modena la laurea honoris causa in fisica. Ha ottenuto il Premio Hammarskioeld dell'ONU nel 1962, il Premio Columbus nel 1965, la Medaglia d'oro Scuola della cultura e dell'arte del Presidente della Repubblica nel 1970, il Premio De Gasperi nel 1987.
Durante il periodo della sua conduzione, dal 1947 al 1988, la Ferrari ha riportato in tutto il mondo oltre 5000 vittorie sportive conquistando 25 titoli mondiali.
E' morto a Modena il 14 agosto 1988.
L'emblema
L'emblema della Scuderia Ferrari apparve per la prima volta nel 1929 su tutte le pubblicazioni, le insegne e le carte ufficiali della Societa, ma non sulle vetture, che erano dell'Alfa Romeo e ne riportavano il simbolo sportivo, un quadrifoglio verde in un triangolo bianco. | ||||||||||||
L'esordio dello scudetto sulle vetture avvenne il 9 e 10 luglio 1932, alla 24 Ore di Spa. Non poteva esserci occasione piu propizia: la gara fu vinta dalla vettura di Taruffi e D'Ippolito seguita da quella di Siena e Brivio. Dopo quella vittoria lo scudetto ha contrassegnato tutte le partecipazioni ufficiali della Scuderia Ferrari negli anni Trenta fino al momento in cui ad essa subentro il reparto speciale Alfa Corse, diretto da Enzo Ferrari, ma gestito dalla Casa milanese. | ||||||||||||
Il primo marchio sul cofano (1) di una Ferrari apparve sulla 125 di Franco Cortese nel giorno del debutto della Casa di Maranello in gara, sul circuito di Piacenza l'11 maggio 1947. Disegnato dall'Ufficio Tecnico della Ferrari e realizzato dalle Ditte Castelli e Gerosa di Milano e Cristiglio di Bologna, rimase inalterato fino al 1950.
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Per distinguere le vetture ufficiali da quelle dei moltissimi clienti che si cimentavano in gara, Enzo Ferrari decise nel 1952 di ripristinare il distintivo sportivo della vecchia Scuderia Ferrari (2), ammodernato e ingentilito nella forma (3). Il debutto avvenne il 16 marzo sulle vetture iscritte al Gran Premio di Siracusa, le 500 F2 di Ascari, Taruffi, Farina e Villoresi. Anche in questa occasione si tratto di un trionfo, con Ascari, Taruffi e Farina ad occupare le prime tre posizioni nell'ordine di arrivo. In quello stesso anno Ascari vinse, sempre con una 500 F2, il Campionato del Mondo piloti, il primo dei 25 titoli iridati della Ferrari.
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Questo simbolo fu da allora sempre scrupolosamente applicato, tranne sporadiche eccezioni, nella sua forma convenzionale mai piu cambiata su tutte le vetture Ferrari di qualsiasi categoria inscritte in gara dal "concorrente Ferrari". | ||||||||||||
Il cavallino come fregio della maschera del radiatore apparve nel 1959. Prodotto dal torinese Cerrato per le vetture carrozzate da Pininfarina e dall'incisore Incerti per le vetture Scaglietti, era ritagliato da lastre di ottone di 3 mm pantografato e cromato (4). E rimasto inalterato fino al 1962 e ne esisteva una versione speciale (5), seghettata e traforata a mano, utilizzata per qualche unita molto esclusiva e per le vetture destinate a mostre e saloni. Fra il 1962 e il 1963 fu presentato il cavallino in rilievo (6), che non piacque e fu montato solo per un anno perche giudicato stilisticamente e proporzionalmente mal riuscito. Ha dato origine ad una versione successiva (7) (cavallo piatto, pantografato su alluminio e lucidato a specchio), introdotta nel 1964, montata fino al modello BB e ripresa poi nel 1984 (8) e montata sui modelli Mondial, 328 GTB e GTS mentre un'identica versione anodizzata in nero (9) figura sui primi modelli Testarossa e 348.
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Un rifacimento del cavallino in rilievo (10) fu riproposto nel 1963 e accolto anche questa volta tiepidamente. Era considerato superfluo perche sulla calandra delle vetture si era ormai consolidata l'applicazione della versione piatta (11). Ne fu decisa la realizzazione ipotizzandone, semmai, un impiego nella parte posteriore delle vetture, come per le Mondial del 1988-89. Cosi e nato il cavallino ornamentale destinato alla maggiore diffusione e alla massima notorieta. Sostanzialmente immutato nella forma per oltre 30 anni, e stato infatti montato dietro quasi tutti i modelli, variando soltanto colore e dimensione. Nel 1982 e passato anche sull'anteriore delle vetture, sostituendo il modello pantografato piatto. Dal 1992 (12), con precise codificazioni per l'anteriore e il posteriore, caratterizza l'intera gamma Ferrari.
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Dal 1953 al 1961 venne montato sulle vetture disegnate dalla Pininfarina un marchio riproducente le iniziali dei nomi Ferrari e Farina secondo le lettere dell'alfabeto marinaro (13). Il rombo rosso in campo bianco simbolizza la lettera F che per il designer fu sostituita dalla lettera P (14)(rettangolo bianco in campo blu) quando il cognome Farina divento Pininfarina. Il marchio e stato abbandonato nel 1964, tranne che per i modelli 2+2. Attualmente, e montato sul tunnel anteriore della 456 GT.
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I marchi Ferrari attuali, cavallo nero di Baracca in campo giallo canarino, nelle versioni che distinguono la produzione industriale (15) e l'attivita tecnico-agonistica (16) sono depositati e ad essi si riporta ogni altra conseguente stilizzazione grafica della Casa, dai progetti e disegni all'oggettistica Ferraridea, dai distintivi e decalcomanie alle insegne dei servizi di assistenza tecnica, dai documenti ufficiali alle immagini dei Ferrari Club riconosciuti.
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Fabbrica
Enzo Ferrari fondo la Scuderia il 16 novembre 1929, in Viale Trento e Trieste a Modena, con lo scopo di far partecipare alle competizioni automobilistiche i propri soci.
L'attivita agonistica, con vetture Alfa Romeo, continuo fino al 1938, anno in cui egli divenne Direttore Sportivo dell'Alfa Corse. Dopo due anni, Enzo Ferrari si stacco dall'Alfa Romeo e fondo, presso la vecchia sede della Scuderia Ferrari, l'Auto Avio Costruzioni Ferrari, con l'obiettivo d produrre macchine utensili, in particolare rettificatrici oleodinamiche.
Nonostante un impegno di non concorrenza (che al momento del distacco dall'Alfa Romeo precludeva per quattro anni a Enzo Ferrari la costruzione di automobili che portassero il suo nome), l'Azienda avvio anche lo studio e la progettazione di un vettura sportiva, una spider 8 cilindri 1500 cc, denominata 815, che fu costruita in due esemplari e partecipo alla Mille Miglia del 1940.
L'inizio della seconda guerra mondiale pose fine ad ogni attivita sportiva. Nel 1943 le officine furono trasferite da Modena a Maranello, dove la costruzione delle rettificatrici oleodinamiche continuo fino al 1944, anno in cui lo stabilimento fu bombardato.
Al termine del conflitto l'Azienda assunse la denominazione "Ferrari" e progetto la vettura 125 Sport, 12 cilindri, 1500 cc, che, affidata a Franco Cortese, debutto sul circuito di Piacenza l'11 Maggio 1947.
La macchina si ritiro ma era in testa all'ultimo giro e l'inizio fu considerato molto promettente. Due settimane dopo, infatti, Cortese e la 125 Sport vinsero il Gran Premio di Roma. Da allora la Casa, affidando le sue vetture a prestigiosi piloti, ha colto sui circuiti e sulle strade di tutto il mondo oltre 5.000 affermazioni, creando una leggenda.
I trionfi piu significativi sono costituiti da 9 titoli Mondiali Piloti di Formula 1, 14 Campionati Mondiali Marche, 2 Campionati del Mondo e 6 Coppe Internazionali Costruttori di F1, 9 successi alla 24 Ore di Le Mans, 8 alla Mille Miglia, 7 alla Targa Florio, e, alla fine del 1997, 113 vittorie in Gran Premi di F1.
Nel 1969, per far fronte alle crescenti richieste del mercato, Enzo Ferrari cedette al Gruppo Fiat il 50% delle sue quote azionarie, percentuale salita al 90 nel 1988. Ciononostante la Ferrari, a causa della sua specialissima attivita, ha sempre mantenuto una forte autonomia.
MASERATI
I sette fratelli Maserati nascono a Voghera da Rodolfo, macchinista ferroviere, e Carolina Losi: Carlo, il primogenito, nasce nel 1881, Bindo nel 1883 e Alfieri nel 1885; quest'ultimo muore, tuttavia, pochi mesi dopo e il suo nome viene dato al figlio successivo, nato nel 1887; nel 1890 viene alla luce Mario, nel 1894 Ettore e, nel 1898, Ernesto.
Tutti i Maserati si occuperanno di meccanica, progettazione e realizzazione di automobili, ad eccezione di Mario, pittore, che e ritenuto, seppur non con certezza, l'ideatore del marchio della Casa, il Tridente, ispirato alla statua del Nettuno dell'omonima piazza di Bologna.
Il primo ad occuparsi di motori e Carlo che, lavorando in una fabbrica di biciclette di Affori, vicino Milano, progetta un motore monocilindrico per velocipedi che viene, poi, prodotto dal Marchese Carcano di Anzano del Parco, nella sua fabbrica di motociclette. Carlo Maserati corre anche in sella alle biciclette Carcano, equipaggiate col motore da lui disegnato, vincendo alcune corse e stabilendo, nel 1900, il record dei 50 km/h.
Nel 1901 Carlo si trasferisce alla Fiat, in seguito alla chiusura della Carcano, e, poi, nel 1903, alla Isotta Fraschini, dove e collaboratore tecnico e collaudatore; alla Isotta fa assumere, a soli sedici anni, il fratello Alfieri.
Carlo ha una brillante ma breve carriera perche muore a soli 29 anni, dopo aver lavorato e corso per la Bianchi, essere diventato direttore generale della Junior e aver avviato, con il fratello Ettore, un'attivita in proprio per la produzione di trasformatori di impianti elettrici per auto da bassa ad alta tensione.
Anche Bindo ed Ettore iniziano a lavorare alla Isotta Fraschini; qui Alfieri diviene prima tecnico e poi pilota e, col fratello Ettore, dopo essere stati rappresentanti della ditta in Argentina, USA e Inghilterra, nel 1912 e incaricato di dirigere, per l'azienda, il servizio di assistenza clienti a Bologna.
Tutti i Maserati si occuperanno di meccanica, progettazione e realizzazione di automobili, ad eccezione di Mario, pittore, che e ritenuto, seppur non con certezza, l'ideatore del marchio della Casa, il Tridente, ispirato alla statua del Nettuno dell'omonima piazza di Bologna.
Il primo ad occuparsi di motori e Carlo che, lavorando in una fabbrica di biciclette di Affori, vicino Milano, progetta un motore monocilindrico per velocipedi che viene, poi, prodotto dal Marchese Carcano di Anzano del Parco, nella sua fabbrica di motociclette. Carlo Maserati corre anche in sella alle biciclette Carcano, equipaggiate col motore da lui disegnato, vincendo alcune corse e stabilendo, nel 1900, il record dei 50 km/h.
Nel 1901 Carlo si trasferisce alla Fiat, in seguito alla chiusura della Carcano, e, poi, nel 1903, alla Isotta Fraschini, dove e collaboratore tecnico e collaudatore; alla Isotta fa assumere, a soli sedici anni, il fratello Alfieri.
Carlo ha una brillante ma breve carriera perche muore a soli 29 anni, dopo aver lavorato e corso per la Bianchi, essere diventato direttore generale della Junior e aver avviato, con il fratello Ettore, un'attivita in proprio per la produzione di trasformatori di impianti elettrici per auto da bassa ad alta tensione.
Anche Bindo ed Ettore iniziano a lavorare alla Isotta Fraschini; qui Alfieri diviene prima tecnico e poi pilota e, col fratello Ettore, dopo essere stati rappresentanti della ditta in Argentina, USA e Inghilterra, nel 1912 e incaricato di dirigere, per l'azienda, il servizio di assistenza clienti a Bologna.
Grandi novita per la Maserati arrivano nel 1993, quando Fiat Auto acquisisce il pacchetto azionario dell'azienda modenese per poi cederlo integramente alla Ferrari il 1 luglio 1997.
In Maserati viene avviata una profonda modernizzazione, ad iniziare dai lavori per la nuova linea di montaggio; nel 1998 viene presentata prima la Quattroporte Evoluzione e, poi, al Salone di Parigi, la 3200 GT. Il 2000 segna la completa riorganizzazione della rete commerciale e l'inizio dei lavori per l'ampliamento dello stabilimento di Viale Ciro Menotti con la costruzione del nuovo centro direzionale.
In Maserati viene avviata una profonda modernizzazione, ad iniziare dai lavori per la nuova linea di montaggio; nel 1998 viene presentata prima la Quattroporte Evoluzione e, poi, al Salone di Parigi, la 3200 GT. Il 2000 segna la completa riorganizzazione della rete commerciale e l'inizio dei lavori per l'ampliamento dello stabilimento di Viale Ciro Menotti con la costruzione del nuovo centro direzionale.
LAMBORGHINI
L'Italia ha da sempre avuto un ruolo molto importante nel mondo dell'automobile e grazie a case come la Ferrari, la Maserati, la Bugatti o l'Alfa Romeo, e entrata a far parte dell'immaginario collettivo in special modo per cio che riguarda le dreamcar sportive. Una nota particolare riguarda una casa produttrice relativamente "giovane", ovvero la Lamborghini che vede la luce soltanto nel 1963 e si trova a combattere contro marchi, italiani e non, che annoverano tradizioni sportive e produttive lunghe decine di anni.
Ferruccio Lamborghini nasce il 28 Aprile 1916 a Renazzo di Cento (Ferrara) da una modesta famiglia di agricoltori. La sua innata passione per i motori e per le macchine lo porta a Bologna, dove comincia a studiare ingegneria meccanica.
Durante la Seconda Guerra mondiale, trova l'opportunita di sperimentare le sue doti meccaniche come tecnico riparatore presso l'aviazione militare italiana (base militare di Rodi). Negli anni '40, la crescente domanda di trattori del mercato italiano, unita all'acquisita esperienza nelle riparazioni, spingono Ferruccio Lamborghini ad intraprendere la carriera di imprenditore nella produzione di trattrici. Lui compro i veicoli militari avanzati dalla guerra e li trasformo in macchine agricole.
Nel 1948, a Pieve di Cento, nasce la Lamborghini Trattori. (L'origine del logo aziendale e legata alla data di nascita di Ferruccio Lamborghini: nel calendario zodiacale infatti il 28 aprile cade sotto il segno del Toro). Solo 3 anni dopo la guerra l'azienda Lamborghini era capace di progettare e costruire da sola i suoi trattori e gia nel corso degli anni '50 e '60 la Lamborghini Trattori diventa una delle piu importanti aziende costruttrici di macchine agricole in Italia.
Segui la produzione di bruciatori a nafta e di condizionatori finché, nel 1959, la passione e la competenza tecnica del fondatore del nuovo marchio si spinsero fino a concepire la produzione di elicotteri. Sfortunatamente per lui, e fortunatamente per gli appassionati di automobili, il governo non concesse l'autorizzazione a tale attivita e la Lamborghini "riepiego" sulla produzione di vetture sportive.
E' assurdo pensare che Ferruccio possa aver rivolto la sua attenzione dalle macchine agricole alle macchine sportive di lusso. Forse era semplicemente attratto dal successo del suo collega Enzo Ferrari. Comunque, la leggenda racconta che l'idea gli venne dopo una discussione con Enzo Ferrari, quando ebbero delle noie sul cambio della nuova Ferrari e sembra che la risposta di Enzo Ferrari fu semplicemente "Tu continua a costruire trattori e a me lascia costruire le mie macchine sportive."
Cosi nel 1963 nasce la Automobili Ferruccio Lamborghini SpA e venne fondata la fabbrica a S.Agata Bolognese, che, negli anni a seguire, ebbe a sfornare alcune fra le macchine piu belle e potenti auto della storia. Basta citare nomi come Miura, 350GTV, Espada, Jalpa, LM004 o Countah (solo per ricordare le piu famose) per far sognare qualsiasi appassionato delle quattro ruote. Da quel momento la produzione della Lamborghini è sempre stata caratterizzata dall'innovazione, dalle scelte tecnologiche decise e senza compromessi e, soprattutto, da una fortissima e decisa personalità stilistica.
Nel 1973, quando Ferruccio era sicuro che suo figlio non aveva interesse a vendere automobili, lui inizio a pensare di ritirarsi e vendette tutta la sua azienda a Georges-Henri Rossetti (Svizzera). Si ritiro nel suo vigneto in Umbria e si dedico alla produzione di un buon vino. La sua tenuta, "La Florita" e una grande casa con campi da tennis e una piscina olimpionica e un museo delle automobili Lamborghini F. produsse un vino rosso chiamato "Colli del Trasimento" ma conosciuto da tutti come "Sangue di Miura". Ferruccio mori nella sua tenuta all'eta di 77 anni, il 20 febbraio nel 1993.
Fortunatamente le persone che si occuparono in seguito della Lamborghini furono sempre grandi appassionati che lavorarono con dedizione e profondo interesse e ottennero il necessario successo per riportare alla gloria il prestigioso marchio del toro. Fu cosi che la Lamborghini risali la china, anno dopo anno e aumento notevolmente il proprio prestigio. Oggi la Lamborghini puo contare sull'appoggio di un azionista come Audi e continua a sviluppare e a creare macchine dalle prestazioni e dal fascino indiscutibili. La Diablo GT, presentata quest'anno, e infatti la macchina di serie piu veloce del mondo e costituisce un traguardo e un modello per tutti gli altri produttori. Giusto per citare un altro primato della casa di S.Agata e indispensabile segnalare come i motori Lamborghini dedicati alle barche da competizione Off-Shore classe 1, si siano rivelati campioni del mondo negli anni 1994, 1996, 1997 e 1998 (le prime 5 imbarcazioni su 12 montavano motori Lamborghini). In questo caso si parla di motori da piu di 900 cavalli di potenza, il che dimostra, senz'ombra di dubbio, la "facilità" con cui i tecnici di S.Agata gestiscono enormi potenze e prestazioni di prim'ordine. Il 1999 si rivela cosi come un anno di importanti novita per la Lamborghini che vede nascere al proprio interno un centro di restauro per auto d'epoca, che garantisce pezzi di ricambio originali (molti sono conservati dalla produzione dell'epoca mentre altri possono essere ricostruiti in base ai progetti completi) e la manodopera specializzatissima che spesso viene fornita direttamente dalle stesse persone che costruirono le vetture. Insomma una garanzia assoluta per i fortunati possessori di qualcuna delle 7000 vetture Lamborghini che, su 8000 prodotte, ancora esistono. Novità anche nel campo della produzione della Diablo, che vede diverse innovazioni tecniche e stilistiche nelle tre versioni VT, SV e Roadster, ora affiancate da una serie limitata a 150 esemplari denominata GT.
Dal 1987 e della Chrysler.
BMW
Il 21 luglio 1917 nasce la Bayerische Motoren Werke GmbH. Grazie alle commesse di guerra, la piccola azienda cresce rapidamente. Ai margini dell'aeroporto militare di Oberwiesenfeld di Monaco, l'azienda costruisce uno spazioso stabilimento, proporzionato alla forte crescita della produzione, dove fino al 1918 si producono motori per aerei militari.
Il 13 agosto 1918 - circa due mesi prima della fine della Prima guerra mondiale - la Bayerische Motoren Werke GmbH si trasforma in società per azioni (AG) con un capitale sociale di 12 milioni di marchi tedeschi, un terzo dei quali del consigliere commerciale italiano Camillo Castiglioni. La direzione tecnica dell'azienda viene assegnata all'amministratore della GmbH, l'ingegnere e architetto Franz Josef Popp.Dal 1929 produce automobili con il marchio BMW: inizialmente la BMW produce utilitarie sulla base di una vettura inglese, la Austin Seven, della quale la BMW acquisì la licenza di produzione. Dopo alcuni anni, la gamma si spostò progressivamente verso una clientela più abbiente e la Casa tedesca propose modelli come la BMW 320 e 326. Durante il periodo della Seconda guerra mondiale è fortemente impegnata nello sforzo bellico come gran parte delle aziende tedesche. È di quel periodo ad esempio la produzione di una delle più classiche motocarrozzette della storia, la R75.Tra gli anni settanta e gli anni ottanta, la BMW consolidò sempre più il suo ruolo di costruttore fino ad assumere rilevanza mondiale. Significativi di questo periodo sono modelli come la Serie 5 e la Serie 3. Dell'inizio degli anni Settanta è anche la nascita di due aziende legate da sempre alla BMW: la prima è la BMW Motorsport, divisione sportiva della Casa, a suo tempo dedita alla realizzazione di vetture da competizione su base stradale e in seguito (fino ai giorni nostri) famosa per aver curato la realizzazione di BMW stradali ad alte prestazioni.
La seconda azienda nata in quel periodo è la Alpina, che in pratica è un marchio a se' specializzato nella produzione di BMW allestite in maniera più ricca e con motori più prestanti.
Nel 1994 acquisì il Gruppo Rover dalla British Aerospace. Il gruppo inglese venne gestito fino al 2000, quando venne smembrato vendendo la Land Rover alla Ford e gli altri marchi (raccolti nel gruppo MG Rover) al Consorzio Phoenix; la BMW trattenne solo il marchio Mini. Sebbene molti reputino infelice l'acquisizione del marchio inglese da parte di BMW, occorre precisare che la casa bavarese acquisì conoscenze tecniche per lo sviluppo di vetture a trazione integrale (BMW X5 e X3), oltre alla piccola Mini. Dal 2003 produce auto con il marchio Rolls Royce, attraverso la Rolls-Royce Motor Cars, a seguito dell'accordo con il gruppo Volkswagen. Nel 2006 inizia la collaborazione tra gruppo BMW e il gruppo PSA per lo sviluppo dei motori benzina che equipaggiano la Mini e diversi modelli della Peugeot.
Audi
La Audi venne fondata da August Horch, già fondatore della "Horch" nel 1899, il quale fu estromesso dall'azienda che egli stesso aveva creato e si trovò a dover impiantare una nuova casa automobilistica senza poter riutilizzare nella denominazione il proprio nome, in quanto esso era un marchio già registrato. Visto che "Horch" in tedesco significa "ascolta", il nipote seminarista risolse la questione consigliando a suo zio August di utilizzare per il suo nuovo marchio ancora il suo cognome, ma tradotto in latino: Audi. Nacque così, nel 1909, la "Audi-Werke", a Zwickau, in Sassonia.
Il susseguirsi delle crisi economiche nella seconda metà degli anni venti aveva messo in grave difficoltà le case automobilistiche tedesche. Nel 1928 la Audi venne assorbita dalla DKW e, quattro anni dopo, anche la Wanderer e la Horch decisero di unirsi al sodalizio di forze e tecnologie fondando, nel 1932, la "Auto Union AG", contrassegnata con lo storico stemma dei quattro cerchi interconnessi.
La Auto Union venne poi acquistata dalla Daimler-Benz nel 1958 e, infine, ceduta nel 1964 al gruppo Volkswagen, che mantenne la denominazione Audi, affiancata dal logo dei quattro cerchi. Alla produzione dell'Auto Union, però, veniva affiancato il marchio Audi o DKW, quale identificativo della linea di vetture prodotte.
Al salone di Parigi del 1965 viene presentata la "Audi 72", un modello progettato e realizzato in prototipo dalla Daimler-Benz (sigla F103) tra il 1960 ed il 1963, poi costruito dalla DKW, che lo produsse con propulsore a 2 tempi, tra il 1963 ed il 1965, col nome di "F 102".
La 72 è una berlina tre volumi con schema "tutto avanti", dotata di un motore con cilindrata di 1700 cc e potenza di 72 cv, in grado di spingere la vettura alla velocità di 148 km/h.
Nel 1972 esce l'Audi 80, un modello di fascia medio-alta nato come erede delle F103 (con cui condivideva la meccanica), per la prima volta dotabile di ABS e pretensionatore delle cinture di sicurezza e spinta da un inedito motore a iniezione diretta da 112cv, disponibile anche con trazione integrale permanente, che garantisce alla vettura di toccare i 200 km/h grazie alla buona profilatura aerodinamica e al cambio dalla spaziatura azzeccata.
All'Audi 80 seguiranno i modelli 90, 60, 75, 50 e 100, con una buona affermazione di mercato, specie per la 100, al top della gamma.
L'inizio è buono, ma la vera fortuna dell'Audi è stata creata da Ferdinand Piëch, nipote di Ferdinand Porsche e geniale interprete dell'auto moderna, che assunse la guida del gruppo Volkswagen e dell'Auto Union nel 1980. Sua l'intuizione delle quattro ruote motrici, che portano poi le vetture sportive "Audi quattro" alla vittoria nei più importanti rallyes degli anni ottanta, guadagnando una fama di sportività e robustezza, come sua è la decisione di eliminare, nel 1985, la primigenia denominazione Auto Union per adottare semplicemente il marchio Audi, accompagnato dai 4 cerchi.
Piëch investe anche molte risorse anche nella perfezione del montaggio e nella ricerca della forma interna ed esterna.
Nella gamma attuale si hanno la compatta da città Audi A1 (che ha sostituito la A2, prima auto Audi con telaio portante interamente in alluminio), la media A3, la berlina di fascia medio-alta A4 (erede della 80), la coupé A5, la grande A6 (erede della 100), l'ammiraglia di lusso A8, la coupé sportiva TT e i SUV Q7 e Q5, tutti con la propria gamma, in cui sono comprese anche versioni sportive. Nel 2006 è stata lanciata l'Audi R8, una vettura sportiva ad alte prestazioni con trazione integrale, creata per fare concorrenza alle Porsche Carrera.
Nel marzo 2007 è stato presentato anche un modello che copre una nicchia di mercato assente da 13 anni nella gamma Audi, cioè la coupé media A5, disponibile anche nelle versioni a quattro porte e cabriolet, insieme con la sua versione sportiva S5, che secondo Walter De Silva è l'automobile più bella che abbia mai disegnato[1]. Nell'ottobre 2010 è stata immessa sul mercato anche la nuova A7, coupé a quattro porte di fascia alta creata per fare concorrenza alle Mercedes-Benz Classe CLS e BMW Serie 5 GT.
MERCEDES
Il nome Mercedes identifica un marchio automobilistico fondato nel 1902 dalla Daimler Motoren Gesellschaft ed attivo fino al 1926. A partire da tale data, ed in seguito alla fusione tra la Daimler e la Benz per costituire la Daimler-Benz, il marchio Mercedes sarebbe stato mutato a sua volta in Mercedes-Benz, marchio ancor oggi attivo e tra i più prestigiosi nel settore automobilistico commerciale mondiale.
Storia [modifica]
La storia del marchio Mercedes affonda le sue radici nel periodo pionieristico dell'automobile, alla fine del Secolo XIX. In quegli ultimi anni del secolo, infatti, venne fondata la Daimler Motoren Gesellschaft, che dopo i primi stenti, cominciò ad avere successo e ad ottenere significativi risultati commerciali. Merito di vetture come la Daimler Riemenwagen.
Un esemplare della Riemenwagen venne acquistato nell'ottobre del 1897 da Emil Jellinek, console generale austro-ungarico a Nizza (Francia), nonché abile uomo d'affari ed appassionato di automobili e corse automobilistiche. Questo personaggio avrà un peso notevolissimo per quanto riguarda il destino commerciale della Daimler, la nascita del marchioMercedes e l'impostazione tecnica dello stesso concetto di automobile.
Con l'acquisto della Riemenwagen, Jellinek cominciò ad allacciare rapporti con la Casa madre, rapporti che andavano al di là del semplice legame cliente-commerciante, perché ben presto i vertici Daimler si accorsero della sua spiccata attitudine agli affari ed al mondo dell'automobile. Di lì a poco Jellinek divenne cliente Daimler anche per quanto riguardava vetture da impiegare in quelle che erano tra le prime competizioni automobilistiche della storia. Entro il 1900, anno della morte di Gottlieb Daimler, Jellinek avrebbe acquistato ben 34 autovetture. Inoltre Jellinek aveva in mente altre idee riguardanti la possibilità di ordinare vetture su misura per le sue esigenze sportive. Fu lui il primo a suggerire alla Daimler la costruzione di una vettura dal baricentro basso, le carreggiate larghe ed il motore condistribuzione ad asse a camme esterno. Tali soluzioni tecniche avranno notevoli ripercussioni nella storia dell'industria automobilistica, poiché da quel momento quasi tutte le Case automobilistiche avrebbero cominciato ad adeguarsi e ad ispirarsi ad esse.
Per correre con le autovetture Daimler, Jellinek utilizzava sempre uno pseudonimo, consistente semplicemente nel nome di battesimo della sua figlia prediletta,Mercedes. Quando egli ordinò la produzione di ben 36 esemplari di nuove autovetture da competizione, impose anche di battezzare i propulsori con il nome Mercedes. Alla luce degli ottimi risultati conseguiti in gara dalle autovetture equipaggiate con i motori Daimler-Mercedes e della notevole popolarità da essi conseguita, la Daimler Motoren Gesellschaft decise così di fare del nome Mercedes un vero e proprio marchio. Il 23 giugno del 1902 si cominciò ad utilizzare il marchio Mercedes per i prodotti automobilistici della Daimler (gli autocarri, invece, continuarono ad essere prodotti con il marchio Daimler), ma la registrazione legale del marchio avvenne il 26 settembre dello stesso anno.
Nacque così la Mercedes: la prima vettura prodotta con tale marchio fu la 35PS, introdotta già nel 1901, quando il marchio Mercedes ancora non era stato registrato.
Da quel momento, la storia della Mercedes fu un susseguirsi di successi commerciali, ma anche sportivi. Non mancarono anche cocenti delusioni agonistiche, dovute principalmente al fatto che le caratteristiche della 35PS, sia stradale sia da gara, con gli anni cominciarono a divenire superate. Ma la popolarità presso il pubblico fece in tempo a consolidarsi e nonostante alcuni risultati tutt'altro che buoni, il marchioMercedes si rivelò un vero affare per la Daimler Motoren Gesellschaft.
Da quel momento, la storia della Mercedes fu un susseguirsi di successi commerciali, ma anche sportivi. Non mancarono anche cocenti delusioni agonistiche, dovute principalmente al fatto che le caratteristiche della 35PS, sia stradale sia da gara, con gli anni cominciarono a divenire superate. Ma la popolarità presso il pubblico fece in tempo a consolidarsi e nonostante alcuni risultati tutt'altro che buoni, il marchioMercedes si rivelò un vero affare per la Daimler Motoren Gesellschaft.
Nel 1907 Wilhelm Maybach lasciò la Daimler per fondare il suo marchio, la Maybach, appunto. Paul Daimler, figlio di Gottlieb, il fondatore della Daimler Motoren Gesellschaft, fece così ritorno alla Casa madre dopo cinque anni di esperienza alla Austro-Daimler come direttore tecnico.
È del 1909 la prima Mercedes con motore di tipo Knight, cioè con distribuzione a fodero, una soluzione che sarebbe stata abbandonata 15 anni dopo.
È del 1909 la prima Mercedes con motore di tipo Knight, cioè con distribuzione a fodero, una soluzione che sarebbe stata abbandonata 15 anni dopo.
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, la produzione Mercedes continuò, anche se a ritmi ridotti. La fine del conflitto pose la Mercedes di fronte a serie difficoltà economiche. L'inflazione era galoppante, le risorse erano poche, i dipendenti da stipendiare erano troppi per la Daimler proprietaria della Mercedes. Dal momento che anche alla Benz la situazione era altrettanto poco rosea, nel 1921 furono avviate le trattative per una ipotetica fusione. Ma ancora si ritenne che il momento non era arrivato: nel frattempo vi fu un altro cambio della guardia eccellente: Paul Daimler lasciò l'incarico di direttore tecnico alla fine del1922, sostituito all'inizio dell'anno seguente da Ferdinand Porsche.
Fu solo nel 1926 che si ebbe a tutti gli effetti la fusione tra la Daimler Motoren Gesellschaft e la Benz & Cie., fusione che diede vita alla Daimler-Benz, proprietaria del marchio Mercedes-Benz attivo ancor oggi
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